L'ultimo enigma

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  1. ~Phantom Lady
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    Ahem, ciao ^^
    Dunque, appena ho visto questo angolo ho pensato: perchè non mettere una delle mie tante schifezzuole?
    Allora ho deciso di mettere quella a cui tengo di più <3
    (se volete vederla su EFP cliccate qui )
    Poi, pff, ogni capitolo è molto lungo, quindi penso che li dividerò in parti, ma se volete vederli interi potrete leggerli nella pagine che vi ho linkato sopra ^^ Essendo rating arancione non dovrete registrarvi per forza per leggerla.
    Adesso sono ancora all'inizio, ma comunque dovrebbe essere un horror (poi vabbè sono io che sono una incapace xD)
    Per ora i capitoli pubblicati sono 7 + il prologo


    L'ultimo enigma

    Prologo – La lettera

    Arthur si gettò sul divano, con un libro sulle gambe e una tazza di tea in mano, che sorseggiava silenziosamente, accompagnando quel sapore caldo alle parole inchiostrose del volume.
    Girò pagina deliziato dalla svolta della storia, finchè il campanello della porta non interruppe la lettura, proprio ad un passo dalla scoperta del colpevole.
    Inghilterra sospirò interdetto, posando il libro e la tazza su un tavolino e andando ad aprire la porta.
    « Cosa posso fare per lei? » domandò sorridente, anche se era particolarmente scocciato da quell’interruzione.
    « C’è una lettera per lei, signor Kirkland » fece l’uomo, mettendo mano dentro la borsa che portava a tracolla e consegnandogli una busta.
    « La ringrazio » terminò il ragazzo, chiudendo la porta e sedendosi nuovamente sul divano, questa volta per leggere la lettera.
    Prima di aprirla, però, notò il sigillo. Era viola scuro e difficilmente si capiva cosa rappresentasse. Arthur lo lasciò perdere dopo averlo studiato sotto luci diverse, ma oltre a non aver capito minimamente cosa potesse rappresentare, non ricordava proprio di averne visto mai uno simile.
    Con la parte piatta del cucchiaio aprì la busta, tirando fuori una carta da lettera bianca e piegata in quattro, ornata da ghirigori violacei e abbellita da una scrittura ordinata e perfetta.
    Inghilterra cominciò a leggerla con disinvoltura, ma appena fu accennata ad una incredibile festa di Halloween non potè non eccitarsi. Innanzitutto era stato invitato ad una festa esclusiva, segno che la sua presenza era molto rinomata durante quella festività, ma soprattutto...
    Arthur si precipitò verso il telefono di casa, con un sorriso di superiorità sulle labbra. Appena prese il cellulare in mano con l’intenzione di chiamare Alfred lo sentì vibrare sul proprio palmo.
    Rispose immediatamente notando il numero che lo chiamava. Già pregustava la soddisfazione di spaventare ancora il fratello ad Halloween e vincere anche quell’anno la gara che si davano in continuazione.
    « Ehy, Igy! » lo salutò ilare America, dall’altra parte della cornetta.

    *

    «Che c’è!? » gli domandò Arthur quasi preoccupato dal tono così enfatico dell’amico.
    Alfred posò una mano sul microfono del telefono e chiamò il fratello con un gesto: « Vieni Matt! »
    Canada andò da America, con una lettera in una mano e un sigillo viola nell’altra.
    « Non puoi capire, Igy! A me e Matt è arrivata una lettera incredibile! Ci hanno invitato ad una festa di Halloween spaventosissima! Sono troppo felice! » continuò lui, mentre Canada si limitava ad annuire costantentemente in imbarazzo in un angolo.
    « Ti stavo chiamando proprio per questo! » lo informò Arthur, guardando la lettera.
    « Fantasico! Tu ci verrai? » gli chiese Alfred, sempre più febbricitante.
    « Ovvio, non voglio assolutamente perdermi la tua faccia terrorizzata e distrutta dall’aver perso ancora una volta! » gli disse Inghilterra, ridacchiando.
    « Ti sbagli di grosso, vincerò io, questa volta! » replicò America vittorioso, chiudendo la chiamata.
    Poi prese a camminare verso la propria camera, dove il suo guardaroba copriva quello di Matt.
    « Bene, non vedo l’ora di guardare la sua faccia stramazzante di paura! » sussurrò sfregandosi le mani, convinto che quell’anno la gara di Halloween Arthur l’avrebbe senz’altro persa.
    Canada si mise timidamente accanto al fratello e gli confessò: « Alfred, non so quanto buona possa essere l’idea di andare a questa festa »
    « Ah! E perchè? » gli domandò America tranquillo, pensando al modo per terrorizzare il più possibile Inghilterra.
    « Sulla busta non c’era il mittente e quel sigillo... penso di non averlo mai visto. Inoltre è scuro e leggermente inquietante » gli fece notare Canada, affrettandosi per mantenere il passo del fratello.
    « Bravo Matt! » esultò Alfred, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla che quasi lo fece cadere a terra « Finalmente hai capito lo spirito di Halloween! Deve essere inquietante! » rise America, andando nella propria camera a scegliere il completo più pauroso.

    *

    « Ehi, Romania! » lo chiamò Bulgaria raggiungendo l’amico « Guarda cosa ho trovato nella cassetta postale! » gli disse, consegnanogli una lettera.
    « Ehi, Bulgaria... » cominciò Dan, guardando con un’aria leggermente maliziosa l’altro « da quand’è che abitiamo insieme? » gli chiese e la risposta di Anton fu solamente un sorriso imbarazzato che lo incitava ad aprire la busta.
    « D-dai, cosa ci sarà dentro? » domandò Bulgaria, cercando di sviare il discorso.
    « Una lettera, Bulgaria, una lettera » gli rispose Romania, aprendo la busta.
    « Questo lo avevo capito, ma cosa ci sarà scritto? » disse sempre più incuriosito e soprattutto sorpreso, dato che non riceveva quasi mai delle lettere – escludendo bollette e pubblicità.
    Dan dispiegò la lettera piegata in quattro, osservando al contempo il sigillo viola scuro, attraversato da linee distorte più chiare. Dopodichè si concentrò sulla carta da lettera, sicuramente la più elegante che avesse mai visto e anche la calligrafia era eccellente, forse meglio della sua.
    « E’ un invito ad una festa di Halloween » commentò infine Romania, dopo ave letto insieme all’amico la lettera.
    « Fantastico! » cominciò Anton con un leggero bagliore negli occhi « Dan, questo è il momento di farmi conoscere alle altre Nazioni! Mi impegnerò al massimo per dare l’idea più positiva di me possibile! » esclamò Bulgaria pensando al miglior vestito nel suo guardaroba.
    « Allora non dovrai lavorare molto » sussurrò Romania sorridendo.
    Andarono entrambi nella camera da letto e Bulgaria spalancò le ante dell’armadio, poi, lentamente, il suo sorriso cominciò a spegnersi. Si girò verso l’amico e si lamentò: « Non abbiamo nessun abito per Halloween! »
    « Beh, uno ci sarebbe... » fece Romania, avvicinandosi al completo da angelo che l’anno precedente l’altro aveva indossato.
    « Che ne dici se ci invertiamo gli abiti? Tu da vampiro... » cominciò Dan, indicando quello che aveva utilizzato l’anno precedente « e io da angelo! » concluse, mostrando la tunica che teneva in mano.
    « Non mi sembra molto equilibrato, ma... va bene » gli sorrise – leggermente disperato. Non era certo un’idea molto originale scambiarsi i vestiti e non era neanche troppo sicuro che un completo da vampiro gli stesse bene.
    « Guarda che l’abito non fa il monaco » gli sorrise Romania, vedendolo un po’ abbattuto « Ti apprezzeranno per quello che sei, non per quello che indossi, come ho fatto io. » lo rassicurò Dan, poi sussurrò con un filo di voce quasi impercettibile: « Anche perchè il vestito da servo ti stava proprio male »
    « Guarda che ti ho sentito! » replicò Bulgaria fissando l’amico.
    Romania rise sotto i baffi alla reazione di Anton e si alzò, prese il vestito da vampiro e lo lasciò sul letto: « Dai, vestiti » e lasciò la camera con il completo da angelo sotto braccio mentre cercava di reprimere le risate.


    *

    « Ohi, bastardo, vieni qua » fece Lovino, movendo una mano per attirare l’attenzione dello spagnolo.
    Antonio incrociò le braccia sulla spalliera della sedia e fissò la lettera che l’amico teneva tra le dita spostandogli i capelli con una mano.
    « E’ un invito per Halloween » cominciò Lovino, ticchettando con un dito sulla carta.
    Dopo aver letto in fretta la lettera Spagna guardò l’amico e sorrise: « Sembra divertente! »
    Romano si affrettò a dissentire: « No, io non ci vado. E’ una festa celtica e io sono italiano » lo informò incrociando le braccia e assumendo un’aria leggermente contrariata.
    L’italiano aprì lentamente gli occhi e vide Spagna ancora accanto a lui, nella stessa posizione. Poi ridacchiò: « Dai, dillo che hai paura. Il fatto che sia una festa celtica è una scusa »
    « Non è assolutamente vero! » ribattè Lovino, girando la testa per non avere più lo spagnolo davanti « Non è una mia tradizione » terminò.
    « Va bene. » cominciò Antonio « Fai come ti pare, io ci andrò » concluse, avviandosi verso la propria camera per rispolverare il completo da corsaro.
    Romano roteò gli occhi, pensando che facesse dei passi finti, ma appena si girò vide l’altro che si avviava allegro e saltellante verso il piano superiore.
    Lovino arrossì solo all’idea, ma si alzò dalla sedia e si precipitò dall’amico, sorridendogli malamente – sembrava quasi un ghigno malefico: « Infondo provare tradizioni e feste nuove servirà ad ambientarmi un po’ meglio tra le Nazioni » concluse l’italiano, guardando l’amico.
    « Ah! Lo sapevo che saresti venuto! » esclamò Spagna, stringendo l’altro con fare giocoso.
    « Ok, ma ora non esageriamo » fece Romano, allontanandolo in imbarazzo.
    Qualche secondo dopo, da dietro l’angolo, spuntò Feliciano che correva verso il fratello, sventolando una lettera. Al suo seguito Germania cercava di mantenere il ritmo dell’amico, lamentandosi che correva solo quando aveva voglia.
    « Ehi, fratellone! Mi hanno mandato una lettera! Spero solo che non sia una bolletta! Veee- » sorrise Italia, cercando di aprirla, ma dopo alcuni tentativi la passò a Ludwig con un sorriso sul volto che gli chiedeva graziosamente di aprirla al posto suo.
    Germania sospirò e poco dopo estrasse dalla busta una lettera. I due la lessero interessati e guardarono gli amici.
    « Veee- fratellone! Io voglio assolutamente partecipare, sembra divertente! » concluse Feliciano emozionandosi.
    Ludwig confermò la sua presenza con il suo solito fare un po’ rigido: « Verrò anche io »
    « Che bello! Allora verremo tutti! Chissà se ci saranno anche le altre Nazioni! » fece Spagna allegro.
    « Per prepararci che ne dite di intonare con me la formula magica della felicità!? » domandò Antonio e subito Feliciano gli fu dietro, sussurrarono in coro “Fusosososo-” finchè l’irritazione degli altri due non si fece troppo forte da sopportare.
    Lovino e Ludwig si scambiarono un’occhiata d’intesa. Romano zittì Spagna con un colpo in testa, seguito da un delicatissimo “Zitto, bastardo!” mentre Germania si limitò a prendere Italia e trascinarlo via mentre continuava a bisbigliare la formula magica.

    Il nome che ho dato a Romania è Dan Adrianescu, quello che ho dato a Bulgaria Anton Ivanov


    ---- Questa è la prima parte >.< ----
     
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  2. ;Keiko'
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    Bella :3 L'ho letta tutta, solo che prima hai scritto Lovino, poi Romano e ancora Lovino. Secondo me dovresti chiamarlo solo in un modo (poi boh, é solo una stupida opinione, niente di che >.<)
    Waaa, non vedo l'ora che metterai il secondo *w*
     
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  3. ~Phantom Lady
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    CITAZIONE (;Keiko' @ 9/2/2013, 10:55) 
    Bella :3 L'ho letta tutta, solo che prima hai scritto Lovino, poi Romano e ancora Lovino. Secondo me dovresti chiamarlo solo in un modo (poi boh, é solo una stupida opinione, niente di che >.<)
    Waaa, non vedo l'ora che metterai il secondo *w*

    Grazie <3 L'ho chiamato sia Lovino che Romano per non usare sempre lo stesso nome o chiamarlo Italia del sud chè è troppo lungo xD

    Ed ecco la seconda parte!




    *

    « Austria! » lo chiamò Ungheria, andando verso di lui, che leggeva beatamente un libro gustandosi una torta al cioccolato.
    « Oh, Elizaveta. Come mai tanta fretta? » chiese Roderich, pulendosi le labbra e posando la fetta sul piattino.
    « Il postino mi ha consegnato una lettera » la ragazza si sedette accanto all’austriaco e gli consegnò la busta sigillata.
    Roderich l’aprì senza problemi e la lesse assieme a Elizaveta, che per vedere meglio la carta si era leggermente avvicinata al ragazzo.
    « Un’invito! » gioì la ragazza non appena finì di leggere.
    « Ah! Un’altra festa di Halloween » sospirò Austria, posando la lettera accanto a sè.
    « Ci andremo? » chiese Elizaveta, leggermente insicura.
    « Se vuoi partecipare non sarò certo io a fermarti » le sorrise Roderich, posando nuovamente gli occhi sul libro.
    « Non vorrei andarci da sola » confessò lei, sperando che questo convincesse l’amico ad andarci insieme.
    « Non preoccuparti per questo! » urlò una voce, seguita dal fracassarsi rumoroso di vetri. Roderich girò rapidamente la testa, vedendo la propria finestra a mosaico decorata artigianalmente a mano dal costo quasi improponibile infrangersi a terra e distruggersi in frammenti irriconoscibili, sparsi e ormai senza più valore.
    Poi posò il suo sguardo omicida sui due loschi figuri che avevano fatto irruzione nella sala. Si appoggiarono entrambi sulle spalle dell’altro, incrociarono le braccia e assunsero una posa predefinita da film americano.
    « Allora, la nostra entrata in scena non è stata... magnifica?! » esultò un ragazzo albino, dirigendosi verso la ragazza.
    « Eliza, ti accompagnerò io » le disse Prussia, prendendole la mano per baciarla ridacchiando.
    « Non mi toccare! » gridò lei, con un leggero tic isterico che le distorceva le labbra e in poco tempo abbattè la sua fida padella sulla testa di Gilbert.
    Una volta caduto a terra si rivelò Francis dietro di lui, che si sporse leggermente regalando una rosa alla giovane: « Questa è per lei, mon cher »
    Dopo averle porto il fiore andò a sedersi accanto a Roderich, chiedendogli: « Allora, come va? »
    Austria lo guardò male e alzò un sopracciglio, cercando di reprimere l’impulso di strangolare il francese e l’altro tipo albino che doveva ancora riprendere i sensi, ma si convinse a rimanere fermo per evitare di fare una strage nella sala.
    « Oh, ci sei rimasto male per quella vetrata? Avanti, era del Giurassico! Te ne prenderai una migliore e più moderna in plastica sintetica » rise Francis.
    « Lasciamo perdere, vi recapiterò il conto direttamente a casa. Elizaveta, andiamo a scegliere un vestito per la festa » fece Austria, alzandosi indignato e girando intorno al corpo di Prussia, che si riprese immediatamente.
    « Festa? Avete detto festa?! » mormorò sconcertato Gilbert, rimettendosi a sedere.
    Francis si alzò e prese una lettera dalla tasca: « Per caso... una festa di Halloween? » chiese.
    « Sì » risposero i due in coro.
    « Ma allora veniamo anche noi! » dissero all’unisono Prussia e Francia, guardandosi divertiti e pronti a commentare oltre e parlare della magnificenza dei loro abiti, ma Eliza e Rod avevano già girato l’angolo, temendo che i due avessero potuto tormentarli con le loro chiacchiere.

    *

    « Grecia » lo scosse nuovamente Giappone che ormai stava per lasciare l’impresa di svegliare l’amico.
    Heracles aprì lentamente gli occhi e domandò con voce calma e roca: « Che c’è? »
    « Ho ricevuto un invito di Halloween, tieni, leggilo. » gli disse, allungando la lettera.
    Grecia posò oziosamente la schiena contro il muro e guardò Giappone come se avesse lavorato duramente fino a quel momento e non poteva fare troppi sforzi: « Kiku, la leggeresti per me? Non mi va... » si giustificò lui, stiracchiandosi debolmente.
    Un gatto batuffoloso si gettò giocosamente sulle sue gambe e Heracles prese ad accarezzarlo con dolcezza, impegnando tutta la sua concentrazione sulle fusa del micio e sul pelo morbido che gli solleticava le dita. Tutto questo, ovviamente, mentre Giappone aveva cominciato a leggere.
    Poi improvisamente un altro micio si aggrappò alle lenzuola del letto e con i piccoli artigli si ancorava alla stoffa per salire fin su al materasso. Grecia lo prese in mano per evitare che si facesse male e cominciò ad accarezzarlo con una mano mentre con l’altra coccolava il gatto di prima.
    Un altro micio salì sul letto, posandosi sulle gambe incrociate di Giappone mentre guardava ammirato la lettera che lo stesso stava leggendo. Ancora un gatto salì, questo però, più giocherellone, cominciò a saltare sul materasso, cercando di afferrare e graffiare con gli artigli la lettera, cosa che, oltre a infastidire fortemente Kiku, gli fece cambiare continuamente posizione, trovandosi spesso e volontieri anche in pose tremendamente scomode.
    Intanto Grecia aveva accolto tra le sue braccia altri micini, alcuni dei quali, non riuscendo a stare intorno a lui, gli salivano sulla testa e si appisolavano, con la coda che oscillava davanti agli occhi verdi di Heracles.
    Dopo una lunga lotta con il gattino giocherellone Giappone aveva finalmente finito di leggere l’invito, poi chiese all’amico: « Allora, hai capito? »
    Ma appena spostò la lettera vide Grecia giocare con i gatti e non appena lo fissò Heracles alzò lo sguardo: « Scusa, cosa hai detto? Puoi ripetere? »
    Kiku sorrise debolmente e gli ricapitolò la situazione: « Ci hanno spedito un invito per una festa di Halloween »
    A Giappone veniva difficile arrabbiarsi grazie alla sue indole gentile e calma, soprattutto quando Grecia lo guardava con uno sguardo vacuo e assente.
    « Ah » rispose qualche secondo dopo l’ellenico « Ci andremo? » chiese.
    « Io andrò » lo informò Giappone.
    « Sei vai tu, verrò anche io » rispose Heracles, leggermente in imbarazzo.

    *

    Vash consultava dilegentemente il suo giornale d’economia – rigorosamente di qualche giorno prima così da trovarlo gratuitamente sulle sedie dei mezzi pubblici – finchè Lili non fece irruzione nella calma della stanzetta.
    « Ehi, fratellone » cominciò lei « Guarda cosa c’era nella casella postale! » fece lei, sventolando una lettera.
    Svizzera percorse con lo sguardo la busta e dopo un’occhiata fugace sospirò: « Altre bollette » e riprese a leggere.
    « Ma no! » rise lei « E’ un invito ad una festa di Halloween, dai partecipiamo! » lo incitò lei, ma Vash rimase irremovibile, intavolando scuse come l’improponibile costo dei vestiti – improponibili di per sè – aggiunto alle spese della benzina e alla buona educazione di portare un dolcetto o una bibita.
    Lili rise debolmente e mise la lettera davanti al giornale del fratello, sottolineando con un dito l’ultima frase, scritta a margine.
    « Buffet gratuito » lesse ad alta voce Vash, due semplicissime parole bastarono a fargli cambiare immediatamente idea.
    Posò a lato il giornale d’economia e si alzò in piedi. Corse verso il proprio guardaroba, gettando sul letto tutti gli abiti che aveva.
    Lili gli andò dietro divertita e fissò il fratello mentre cercava dei vestiti adatti ad una festa di Halloween, infilò nella tasca dei pantaloni alcune buste di plastica trasparenti e non appena la sorella lo guardò con aria interrogativa lui si giustificò dicendo: « Sappiamo tutti bene che alle feste avanza sempre qualcosa, no? Sarebbe uno spreco buttar via tutto, meglio presentarsi preparati » concluse, separando un abito elegante dagli altri.
    Poi si avvicinò a Lili e le posò un lungo vestito tra le mani: « Ungheria mi ha prestato questo, nel caso tu avessi avuto bisogno di qualcosa di elegante » si affrettò a spiegare, già pregustando un buffet gratuito.
    Si sbrigò a lasciare la stanza col completo elegante sottobraccio, mentre Lili rimaneva da sola nella camera con tutti i vestiti sparsi sul letto, che avrebbe dovuto pazientemente riordinare nell’armadio.
    Fece un leggero sospiro, sostituito da una risatina. Suo fratello, in qualche maniera, riusciva sempre a metterla di buon umore e a distrarla, anche per poco. Doveva davvero tanto a quel ragazzo e non era sicura di potergli restituire tutto.

    *

    Passeggiando per il giardino dell’Unione Sovietica, Toris vide una lettera sullo zerbino davanti alla porta. Si piegò per raccoglierla e andò nella sua stanza per leggerla con tranquillità.
    Si chiuse la porta alle spalle, sedendosi compostamente sul divano e aprendo con fare disinvolto e sospettoso la lettera. Quello che gli fece aumentare le precauzioni fu il sigillo inquietante che dominava sulla busta. Lo tolse con un piccolo colpo e estrasse la lettera, leggendola a mente per non attirare l’attenzione di Russia, che con i suoi passi rapidi e gioiosi stava camminando davanti alla porta della sua stanza.
    Una festa di Halloween, l’ideale per distendere un po’ i nervi e divertirsi con Polonia. Mise mano alla cornetta e compose il numero dell’amico. Dopo alcuni bip a cadenza regolare finalmente affiorò la voce storpiata dal microfono elettronico di Feliks.
    « Chi c’è, tipo, dall’altra parte? » chiese Polonia, mentre era sdraiato sul suo letto, intento a mangiare snack al cioccolato dall’aspetto molto gustoso.
    « Ciao, Feliks, sono Toris » rispose immediatamente il ragazzo.
    « Perchè mi chiami adesso? Stavo, tipo, per fare una cosa totalmente figa! » lo informò Feliks, interdetto.
    « Scusami, davvero. Ma anche tu hai ricevuto una lettera? » domandò Lituania, sedendosi nuovamente sul divano e giocherellando col filo attorcigliato del telefono.
    « Sì, tipo qualcosa su un Halloween totalmente fantastico, vero? » continuò Polonia, portando alla bocca un’altro snack e masticandolo, provocando un fastidioso rumore.
    « Ti va di andare con me? » chiese infine Toris, spostando leggermente la cornetta e sperando in una risposta affermativa.
    « Ok, tanto non ho proprio nulla da fare » lo informò Feliks e Lituania si chiese allora quale fosse la cosa totalmente figa che aveva intenzione di fare fino a pochi secondi prima e che lui aveva interrotto. Lasciò perdere il proprio interrogativo e gli disse: « Lo chiedo un attimo a Russia, ma sono sicuro che accetterà » lo rassicurò Lituania, salutando l’amico e chiudendo la telefonata.
    Toris posò la cornetta e si alzò, dirigendosi verso la sala nella quale si trovava di solito Ivan.
    Vide Russia circondato dalle sorelle, intenti a leggere a voce abbastanza alta che solo chi era nella sala potesse sentire. Che coincidenza, anche Ucraina e i suoi fratelli minori avevano ricevuto la stessa lettera. Questo significava che poteva dire addio al giorno di riposo per far sì che fosse Russia a godere di quella festa. Fece un sospiro rattristato e avanzò un passo per tornare nella sua stanza, quando Russia, dopo averlo notato, lo chiamò.Toris andò verso di lui e Ivan gli mostrò la lettera.
    « Ne ho ricevuta una anche io » lo informò Lituania e si affrettò ad aggiungere prima che il sovietico potesse parlare « Mi chiedevo se posso andarci » domandò come se fosse un bambino che chiede ai genitori se può andare a casa di un amico.
    « Non c’è problema » sorrise Ivan, alzandosi.
    Andò verso il telefono e alzò la cornetta, portandola all’orecchio sinistro e chiamò: « China, ci sei? »
    Dall’altra parte del telefono Wang lo rimproverò: « Braginski, costano tantissimo le chiamate internazionali e sai che anche il ricevente le paga! Su muoviti, aru~ » lo incitò il cinese, mentre con una mano stringeva la sua fida wok e con l’altra continuava a tagliare il granchio che stava cucinando, il telefono era inifato tra la spalla e l’orecchio, e rischiava di cadere nella zuppa che stava preparando.
    « Ho ricevuto una lettera, da~ » lo informò Russia, col sorriso sul volto.
    « Sono occupato, aru~ se è qualcosa di importante parla in fretta » gli comunicò China, allungando una mano per spegnere il fuoco della zuppa e con quella libera prendeva i condimenti e li spargeva sulle pietanze.
    « E’ un invito per Halloween » gli disse Ivan, continuando a sorridere come se Yao potesse vederlo.
    « Oh, ne ho ricevuto uno anche io » mormorò, poi con un urlo richiamò un cuoco al lavoro, rinfacciandogli che gli involtini primavera non si fanno da soli. Una volta riacquistata la sua calma riprese a parlare con Russia: « Ultimamente sono molto indaffarato e prendermi una piccola pausa non sarebbe male » concluse, preparando un’ altra pietanza.
    « Ci vediamo presto, da? » sussurrò Ivan prima di chiudere la chiamata.
     
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  4. ;Keiko'
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    Bellissimo anche questo! Awawawa, spero che ci sia anche Danimarca, dimmi che co sarà :(grr):
     
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  5. ~Phantom Lady
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    No, purtroppo ho optato per non inserire i Nordici (me lo avevano già chiesto se ci sarebbero stati, sai) dato che non li conosco ancora molto bene e avrei rischiato di andare OOC ^^"
     
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  6. ;Keiko'
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    Come...? *piange a dirotto* Buaaaah! ! TT^TT
    dai, l'importante é che ci sia Gilbert e co.
     
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  7. ~Phantom Lady
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    Evvai!
    Pubblico il secondo capitolo (che sarebbe il primo dato che avete appena letto il prologo) solo perchè sto per finire il nono xD

    Capitolo primo – Una villa e una trappola

    Esattamente il giorno successivo sarebbe stato Halloween, quella festa sulla bocca di tutte le Nazioni, febbricitanti ed impazienti.
    Quella notte, sarebbe cominciata la festa più paurosa dell’anno. Loro, vestiti da assassini, avrebbero corso intorno alla villa giocando a spaventarsi come se fossero ancora dei bambini. Quell notte era attesa da ventitrè Nazioni, che guardavano l’orologio con ansia, aspettando che la lancetta si spostasse alle 22 di sera, per immergersi nell’oscura gioia di dimenticare i propri problemi, almeno per una notte.
    Inghilterra, invece, era teso anche aspettando sotto casa Matthew e Alfred, pazientando affinchè scendessero entrambi così da potersi recare tutti e tre insieme alla festa.
    Appoggiato contro il muro Arthur guardò l’orologio scocciato e deciso ad andare da solo se quei due non si fossero presentati con un immenso mazzo di fiori e tante scuse entro i prossimi dieci secondi.
    « Arriva l’eroeeeee- » urlò qualcuno, prima di ruzzolare giù per le scale causando un tonfo fastidioso, che fece sobbalzare Inghilterra costringendolo a guardare la scena da dietro il portone, in quanto non aveva le chiavi per aprirlo.
    La strada era così scura che era anche difficile vedere attraverso i vetri.
    Il ragazzo caduto – probabilmente Alfred, dato il suo grido – si rialzò grazie all’aiuto del giovane accanto a lui – sicuramente Matthew, anche se mancava quel fastidioso orsacchiotto che si portava dietro in continuazione – e si avviarono insieme verso il portone. Dopo averlo aperto e essere usciti fuori trovarono lo sguardo di Arthur fisso sui loro abiti.
    Inghilterra, ogni volta che li vedeva eleganti, correva irrimediabilmente indietro con la memoria, e li ricordava come le sue piccole colonie, paffute e dolci, e quasi non riusciva a credere che fossero cresciuti tanto, alti – anche più di lui – e affascinanti.
    Uno un ragazzone biondo con un ciuffo antigravitazionale, vestito in nero – che snellisce, certo – un paio di occhi azzurri sinceri e infantili, nascosti dalle lenti degli occhiali, l’altro più timido e vestito in bianco che si nascondeva quasi del tutto dietro al fratello – o forse era Alfred che lo copriva – con un ricciolo che gli ricadeva davanti al viso, i capelli biondi mossi simili a quelli di Francis e degli occhi violacei celati dai suoi occhiali tondeggianti.
    I due nordamericani si sentivano leggermente in imbarazzo ad avere un tipo inglese che li guardava con tanto di occhi e dopo aver interrotto lo spiacevole silenzio con una risatina nervosa gli proposero: « Sarebbe ora di andare, no? »
    Lasciarono l’appartamento e salirono nell’auto dell’inglese, che, seguendo le indicazioni di Matthew, seduto davanti accanto a lui, stringeva nervosamente il volante con entrambe le mani e non si perdeva una sola parola di Canada – il che lo fece sentire tremendamente felice – con gli occhi puntati sulla strada, mentre Matthew dispiegava la cartina sul finestrino e controllava in continuazione i punti di riferimento, e Alfred... beh, Alfred si lamentava che la stazione radio che stavano ascoltando non gli piaceva.
    Arthur frenò di colpo, facendo sobbalzare America che era sdraiato sui sedili posteriori – rigorosamente senza cintura – e facendolo quasi cadere.
    Inghilterra guardò interdetto davanti a sè, mentre Matthew spostò la cartina che gli copriva la visuale e Alfred si alzò di scatto.
    « Ci tocca andare a piedi » notò l’inglese, aprendo lo sportello dell’auto.
    A seguito scesero dal veicolo anche i fratelli nordamericani fissando il passaggio stretto che si affacciava su un dirupo poco invitante.
    Arthur fece un gran respiro e mosse un passo, aderendo con la schiena alla parete rocciosa e con lenti passi laterali fissando al proprio fianco – nonostante la tenazione di guardare in basso fosse forte... e vertiginosa – concentrandosi per non cadere.
    Matthew guardò titubante Alfred, che con un gran sorriso si mise a seguire l’amico, chiamando il fratello e rassicurandolo che non correvano alcun pericolo.
    Canada allungò un passo, posandolo esattamente sul margine del dirupo. Guardò ad occhi sbarrati la caduta che avrebbe fatto, scorticandosi la pelle contro la roccia dura. Il suo piede fece più pressione sul terreno, facendo ruzzolare giù un sassolino, staccatosi dal margine stesso, e lo vide cadere giù, finchè non si perse nel bosco sottostante.
    Gli occhi di Matthew si spalancarono ancora di più quando sentì la terra sotto i piedi franare, con il suo corpo quasi sospeso in aria ed era troppo appanicato per poter muovere un solo muscolo.
    Fortunatamente Alfred lo prese per un braccio prima che potesse cadere e gli tenne la mano, cercando di incoraggiarlo, per tutto il tragitto che dovevano fare attaccati all’umida parete di roccia. Matthew non sapeva cosa guardare, una prospettiva era imbarazzante – America e la sua mano che stringeva la propria – e l’altra terrorizzante – il dirupo che si stendeva ai suoi piedi, ospitando un sinistro bosco. Optò infine per chiudere gli occhi e lasciarsi trascinare dal fratello, sperando di non fare un passo falso e farli cadere entrambi.
    Quando finalmente arrivarono Canada tirò un sospiro di sollievo, mentre Arthur si era già messo alla ricerca della villa, che scorse dietro alcuni alberi particolarmente alti.
    Chiamò i compagni per dirgli di sbrigarsi perchè aveva visto gli altri già davanti alla dimora e che odiava scusarsi per il ritardo.
    Alfred e Matthew si precipitarono al suo fianco e si addentrarono per il fitto – seppur piccolo – bosco che nascondeva la tanto cercata villa agli occhi della gente.
    I rami secchi pendevano su di loro come se avessero voglia di sfiorarli e appena si accorsero che tutto il cammino era stretto e costeggiato da alberi inquietanti, cominciarono a camminare stretti uno accanto all’altro come pinguini. Guardarsi intorno, poi, era stata una pessima idea. Degli occhietti minacciosi si stagliavano tra le fronde degli alberi, celando il corpo degli animali, alcuni dei quali saltavano in continuazione, scuotendo il silenzio con un rumore di rametti secchi che si piegavano.
    Appena riconobbero alcune Nazioni si misero a correre nella loro direzione, con il cuore che batteva ancora nel petto e le orecchie tese e sensibilissime a qualsiasi rumore.
    Le altre venti Nazioni si girarono e salutarono gli ultimi tre arrivati, aprendo ufficialmente la festa.
    « Siete arrivati, finalmente » esclamò Francis, ridacchiando « Ora che siamo tutti possiamo anche entrare nella villa, mon cher » continuò il francese, agitando nell’aria la sua rosa, che portava con sè ovunque, quasi fosse un portafortuna.
    Polonia aprì il portone della villa con la chiave che aveva trovato sopra lo zerbino, probabilmente pensando che sarebbe stato difficile supporre di trovarla sotto.
    Feliks fu il primo ad entrare e non stava più nella pelle. Dietro di lui le altre Nazioni facevano a gomitate per entrare e vedere meglio, spingendo con le mani per farsi spazio.
    Fortunatamente l’atrio era talmente grande da poterli ospitare tutti e ventitrè, ognuno con le distanze di sicurezza dagli individui che più non sopportava. L’ultimo ad entrare, invece, fu Vash, che non aveva troppa fretta. Chiuse la porta alle spalle, sentendo uno strano rumore metallico, a cui non diede particolare importanza perchè un rumore più fastidioso gli ricordava del buffet. Per poterselo godere bene – e risparmiare – non aveva toccato cibo fino a quella notte, se si esclude un quadratino di cioccolato o formaggio ogni tanto.
    Con la sua solita aria seria intervenne: « Andiamo al buffet, così avremo più forze per continuare la festa » concluse, controllando di avere ancora le buste in tasca.
    Elizaveta si girò verso lo svizzero e gli domando: « Quale buffet? La mia lettera non riportava nulla del genere! » gli fece notare e alla sua affermazione ne seguirono altre di consenso con lei.
    Germania si fermò un secondo e corse verso la porta, sussurrando di avere un brutto presentimento.
    Posò una mano sulla maniglia e la rigirò, prima piano, poi con forza, sentendo solamente dei leggeri rumori metallici. Con la mano tremante e gli occhi spalancati dal terrore lasciò la maniglia,facendo un gran respiro e girandosi verso i compagni – che lo fissavano per la reazione improvvisa – e gli comunicò: « R- ragazzi... la porta non si riapre » concluse scrutando i presenti con rammarico.
    « Togliti, West, lascia fare a me! » disse Prussia, dirigendosi verso la porta e spostando il fratello. Cercava di tenere un tono di voce e un portamento fiero e impavido, ma non poteva affermare di non essere nervoso e bisbigliò alcune frasi per incoraggiarsi e convicersi che la porta si sarebbe riaperta, con la voce spezzata dalla paura che il fratello non si sbagliasse.
    Con le mani sudate cercò di forzarla sempre più sotto tensione. Diede anche alcune botte scuotendo il più possibile la porta, ma dopo aver constatato che era chiusa ammise che Ludwig aveva ragione. E non voleva crederci.
    « E adesso? » intervenne Ucraina, già con le lacrime agli occhi, facendo scoppiare in panico generale quella che era solo una piccola tensione.
    Germania guardò con stupore tutte le Nazioni, improvvisamente così umane davanti alla paura e urlò invano, cercando di riportare l’ordine. Questa volta non poteva certo fargliene una colpa, non lo ignoravano per cattiveria, ma perchè ognuno aveva i propri affari a cui pensare, tutti i ricordi e la paura che scuoteva l’aria penetrava anche Ludwig e per quanto potesse negarlo a voce non poteva negarlo dentro.
    Elizaveta cecò di imporsi alzando la voce: « Rimanere qui a tremare non ci servirà a nulla! Se vogliamo cercare di uscire dovremmo impegnarci! Non possiamo certo aspettare e pregare che la porta si apra da sola, no? » concluse, ottenendo l’attenzione degli altri.
    « Ma non sarà ingombrante spostarci in ventitrè? » obiettò Kiku, facendosi timidamente avanti.
    « Per questo ci divideremo in squadre, siete d’accordo? » urlò Germania per farsi sentire, anche se era calato il silenzio.
    Poi riprese a parlare: « Russia, China, Ucraina, Bielorussia! Voi da quella parte! » e indicò l’estrema ala destra della villa « Inghilterra, Canada, America! Di là! » gridò, facendogli un cenno con la testa « Romania, Bulgaria, Ungheria e Austria! Lì! Svizzera, Lietchestain, Spagna e Romano, a sinistra! Veneziano, Prussia, Francia e io andremo a esplorare il piano superiore assieme a Grecia, Giappone, Lituania e Polonia! » concluse nuovamente, urlando nelle orecchie di Prussia che gli stava accanto. I gruppi erano fatti al momento e per questo non erano tutti d’accordo, ma Germania aveva l’aria di un mostro pronto a divorare chiunque facesse un’obiezione e per questo preferirono star zitti, anche perchè non era proprio il momento di mettersi a discutere – e peggio, litigare – su questo argomento. Quindi dalla sala si levò un coro di assenso un po’ forzato.

    *

    China si incamminò verso la direzione indicata da Germania, ma si fermò non appena si accorse che i suoi compagni non gli erano dietro. Si girò e vide Ivan che strattonava la sorellona tenendola per mano e incoraggiandola: « Dai, andiamo! Non ti succederà nulla! Non voglio che ti venga fatto del male e per questo sei al sicuro! » la rassicurò Russia, ma Katyushka opponeva una flebile resistenza, asciugandosi con la mano libera le lacrime, mentre Natalya fissava la stretta dei suoi fratelli con uno sguardo tagliente e quasi offeso.
    I tre raggiunsero Wang che si era fermato ad aspettarli correndo nella sua direzione.
    Ivan si girò un attimo per guardare la sorella e la vide sorridere ad occhi chiusi mentre lo seguiva saltellando. Bielorussia faceva quasi da scorta ad entrambi, camminando lenta e circospetta e seguendoli, tenendosi appena la gonna.
    Si fermarono alla prima porta che videro. La fissarono con tanto di occhi, percorrendone la struttura ferrea e lignea con gli occhi. China fece un passo avanti e con delicatezza bussò, sperando di trovare qualcuno – possibilmente vivo – che potesse aiutarli ad uscire.
    Wang allontanò il pungo lentamente, ma non sentì alcun rumore, nonostante il silenzio che i suoi compagni cercavano di mantenere trattenendo il respiro.
    Spinse leggermente la maniglia verso il basso e con lentezza aprì la porta, con le cinghie che cigolavano un rumore di ferro contro ferro che provocò una smorfia di fastidio sul viso dei quattro.
    Entrando non videro nulla di particolare oltre ad un letto matrimoniale, un comodino con una piccola luce da tavolo e un grandissimo tappeto circolare a terra.
    La stanza era comunissima, come quelle degli hotel e in effetti la villa, vista da fuori potrebbe anche sembrare un agriturismo caduto in disgrazia. La esaminarono leggermente inquietati da qualcosa di così quotidiano in un posto così pauroso. Trovare una stanza da appartamento o albergo in una dimora degna di quei vampiri e mostri spavenosi delle leggende agitava nel loro petto un senso di surrealtà.
    Dopo poco Ivan sorrise agli amici: « Non c’è nulla qui! Andiamo a controllare più avanti » propose, uscendo dalla porta e piazzandosi nel corridoio. Si guardò intorno e sentì un tuffo al cuore nel vedere che si erano tutti divisi e che se loro avessero avuto bisogno di aiuto non avrebbeo potuto chiamare gli altri. Questa consapevolezza lo scosse un poco e gli fece venire voglia di rimanere nella stanza con i tre amici finchè le ricerche degli altri non fossero finite e fossero stati tutti insieme, senza il rischio che qualcuno potesse farsi male.
    I compagni lo raggiunsero subito, pronti ad esplorare le altre stanze. Percorsero il corridoio finchè non trovarono un’altra porta. China bussò ancora una volta, anche se trovava piuttosto improbabile che una persona potesse trovarsi in una stanza di quella villa, essere ancora in vita e poterli aiutare ad uscire. Era impossibile, ma ci sperava.
    La stanza che videro era uguale alla prima, solamente meglio arredata, con un televisore rotto e un armadio.
    Per curiosità Russia lo aprì ma nascondeva solo delle ragnatele annidate agli angoli e un vestito divorato dalle termiti che in antichità doveva essere stato molto elegante. Il legno presentava in più punti dei buchi e emanava un cattivo odore. Ivan lo richiuse subito un po’ deluso. Sperava di trovarci qualcosa di divertente o magari un gattino impaurito.
    Ucraina e Bielorussia controllavano incuriosite la televisione, cercando di aggiustarla, ma ogni tentativo era inutile perchè lo schermo aveva una grossa crepa che aveva spaccato il vetro e la parte sottostante sembrava danneggiata.
    China prese tutte le coperte e tolse la federa al cuscino per cercare qualcosa al suo interno, controllò sotto il letto e sotto il tappeto, ma l’unica cosa che trovò fu un mucchio di polvere.
    Lasciarono anche quella stanza e si diressero leggermente delusi verso la fine del corridoio. Aprirono la porta un po’ scocciati ma invece della solita camera trovarono una cucina piuttosto graziosa, ben arredata e bella alla vista se si esclude il fatto che non vedeva una lavata decente da tempo immemorabile. China si avventò sui fornelli un po’ ravvivato, nonostante avesse accettato di unirsi alla festa proprio per rilassarsi dal suo lavoro di cuoco.
    Mosse una valvola per accedere il fuoco, mentre apriva la credenza. Ci fu solo una fiammella che si spense come era nata e l’unica cosa sul ripiano era una lattina di pomodori pelati, circondata da ragnatele.
    Wang abbandonò l’idea di cucinare, continuando a curiosare per la stanza interessato.
    La cucina è sempre uno dei posti preferiti di Yao nelle case: sono tutte diverse e particolari e a volte riesce a trovare delle nuove idee per piatti freschi e originali. Cercò ovunque per scovare un ricettario, la villa era molto inquietante, certo, ma a Wang interessava sapere quali fossero le pietanze che si consumavano solitamente in quelle mura.
    Non trovò nulla di interessante, ma la voce di Feliks li fece correre fuori dalla stanza e precipitare nell’atrio.
    Polonia si sbracciava e urlava a gran voce, con una mano attorno alla bocca: « Ragazzi, di qua! » continuò, facendo segno di essere seguito.

    Spero vi sia piaciuto!
    Se volete vedere la seconda parte di questo capitolo e leggere lo svolgimento fino al capitolo otto potete andare a questa pagina qui
     
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6 replies since 8/2/2013, 22:10   43 views
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